venerdì 24 febbraio 2012

6/02/2010

E' completamente disarmante. Ecco, disarmante è la parola giusta, ci ho messo un po' a trovarla. Descrive bene quel vuoto, doloroso, come se a ogni battito il cuore potesse scoppiare. E tu vivi nell'ansia, aspettando elettrizzato ogni pulsazione, e quasi ti auguri sia quella fatale. Non per disprezzo della vita, assolutamente. Ora forse ho finalmente capito il suo valore, senza retorica. Ma per curiosità, credo: per la voglia di vedere cosa c'è dall'altra parte. Perché qualcosa ci sarà, dall'altra parte.
E allora non capisco più nulla. Non vedo una logica. Ma poi perché voglio trovarla a tutti i costi questa logica?! Forse semplicemente non ci deve essere.
No, non riesco a crederlo.
Allora la logica c'è, ma mi sfugge.
Sì, è sicuramente così.
Ecco perché è disarmante.
Perché tutta la nostra Ragione, tutta la nostra Scienza, tutto il nostro Progresso, tutta la nostra Intelligenza non possono assolutamente nulla di fronte alla morte. E sono questi i nostri appigli, per ogni cosa. Al di fuori di questi c'è il baratro. Ma davanti a una morte che spiegazione ti possono dare?
Perché? non rispondono a questa domanda. E io invece ho bisogno di una risposta. Ci deve essere un perché.
Perché quella macchina, proprio quella, esce di strada? Perché un cuore, proprio quello, scoppia?
Un mio amico dice che è colpa di noi uomini, del nostro stile di vita: si deve correre, si deve guadagnare, tempo e denaro. Correre, correre, correre...e alla fine la macchina sbanda, il cuore scoppia, o le cellule impazziscono e tu ti ritrovi con sei mesi di vita.
Forse ha ragione.
Ma il mio perché è ancora lì, è un perché diverso. Non so spiegarlo. E' solo un perché. Come quello dei bambini, che chiedono il perché di qualsiasi cosa, e vengono guardati male da tutti: "Perché è un tavolo?" "Ma che domanda è?! Non c'è un perché, è un tavolo, punto!".
Ecco, il mio perché è uguale a quello dei bambini. Non avrà senso, ma per favore, non rispondetemi: "Si muore, punto." Non lo sopporterei.
Come spieghi il dolore? Sì, perché il problema non sta tanto in chi è morto. Esso ha raggiunto la pace, o il nulla, o quello che preferite. Comunque è...salvo. E' libero.
Il problema sta in chi rimane. Rimane solo, senza un appiglio. Con una sconcertante e dolorosa incredulità.
Non ho paura di morire, davvero, l'ignoto che ci aspetta dall'altra parte mi spaventa molto di meno di quello che mi riserva il mio futuro più immediato.
Quello che mi terrorizza è vedere gli altri andarsene, vederli scomparire. No sono abbastanza forte.
Tutti dicono che chi muore non se ne va totalmente, ma rimane sempre accanto a noi.
Non è vero. Rimane solo il suo ricordo, la sua immagine sbiadita nella memoria. Un pallido fantasma di quello che è stato, niente di più.
Non puoi abbracciare un ricordo, non puoi toccarlo, baciarlo, piangere sulla sua spalla.

" An angel weeps, I hear him cry
A lonely prayer a voice on high,
Dry all your tears, come what may,
And in the end the sun will rise on one more day, 
Hey ... the sun will rise on one more day. "



Per P.

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