"Il mio augurio a tutti voi, a ciascuno di voi, è che abbiate un motivo per indignarvi. E' fondamentale. Quando qualcosa ci indigna come a me ha indignato il nazismo, allora diventiamo militanti, forti e impegnati. Abbracciamo un'evoluzione storica e il grande corso della storia continua grazie a ciascuno di noi. Ed è un corso orientato verso una maggiore giustizia, una maggiore libertà, ma non la libertà incontrollata della volpe nel pollaio."
(Stéphane Hessel)
Oggi ci lascia un vecchio partigiano di 95 anni.
Sì, ci lascia: ci lascia una grandissima e immortale lezione di vita, ci lascia un esempio bellissimo e ottimista, talmente luminoso che riesce ad allontanare un poco l'oscurità che, sempre di più, soprattutto in questi giorni, in questo cupo panorama post-elettorale, sembra ingoiare tutto.
Finché ci saranno persone così, ci sarà speranza.
E persone così ci sono, credetemi! Sono le rare e preziosissime mosche bianche. Che non sono, banalmente, "quelli che la pensano come te". Sono quelli che vivono ogni giorno le parole che dicono, quelli che sanno riconoscere la bellezza, quelli che distinguono ancora il bene dal male, quelli che si impegnano a cambiare il loro piccolo mondo, a migliorare quello che loro,direttamente, possono migliorare.
Ringrazio loro, ringrazio Hessel, ringrazio tutti quelli che, con il loro esempio, mi permettono di tirare avanti, di non perdere la fiducia, di continuare a resistere. Tutti quelli che mi fanno dire: esiste ancora l'Uomo.
mercoledì 27 febbraio 2013
lunedì 25 febbraio 2013
E terrò conto del fatto che i miei appelli al voto non sono serviti a una minchia.
E allora faccio parlare altri, anche perché io non ho proprio più parole:
E allora faccio parlare altri, anche perché io non ho proprio più parole:
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.
(Fabrizio De André, Canzone del maggio, 1973)
(Fabrizio De André, Canzone del maggio, 1973)
Elezione, brutta lezione
Io, che sono una persona ingenua e di buona fede, non riesco a capacitarmi del numero esorbitante di voti che è riuscito a prendere, ancora, Berlusconi e il centro-destra. Davvero, rimango sinceramente allibita. Nella mia innocenza pensavo che nell'Italia del 2013, dopo quello che ci è stato fatto sopportare, dopo le bugie, gli scandali, le dichiarazioni da folle, i processi, dopo TUTTO, il risultato del pdl non potesse essere neanche QUANTIFICABILE. E invece, con grande disgusto, mi trovo costretta a fare i conti con la realtà: a capire, ad esempio, che nella mia provincia dovrei togliere il saluto ai 2/3 delle persone che incontro per strada. A capire che un Paese che permette a un delinquente di candidarsi e che per giunta lo vota è un Paese che ha perso il senso della realtà, della dignità e della giustizia. Ma non "mi fa schifo l'Italia", come tanti in questi momenti dicono. No, io continuo ad amare il mio Paese. Però un po' di disgusto (un po' tanto) per l'elettore del Pdl non posso non provarlo.
venerdì 22 febbraio 2013
VOTO.
Non è una parola bellissima?
Valorosa e tagliente, con la sua "v"!
Corta, ma forte, grazie alle due "o", così tonde e orgogliose.
E la "t" dà un grande senso di sicurezza, di stabilità.
Ma allo stesso tempo è anche veloce, mobile.
Può essere sia un sostantivo che un verbo.
Ed è bella da gridare, ma anche da sussurrare,
la su può usare come bandiera,
ma anche come una confessione,
silenziosa e potente.
La lingua italiana ha parole davvero interessanti.
Non è una parola bellissima?
Valorosa e tagliente, con la sua "v"!
Corta, ma forte, grazie alle due "o", così tonde e orgogliose.
E la "t" dà un grande senso di sicurezza, di stabilità.
Ma allo stesso tempo è anche veloce, mobile.
Può essere sia un sostantivo che un verbo.
Ed è bella da gridare, ma anche da sussurrare,
la su può usare come bandiera,
ma anche come una confessione,
silenziosa e potente.
La lingua italiana ha parole davvero interessanti.
Io voto
Bene, ormai ci siamo: ultimi appelli al voto da parte dei nostri politici, prima delle elezioni di domenica e lunedì.
Anche io ne ho qualcuno.
Tipo:
Vi prego, vi supplico, votate bene. Altrimenti mi toccherà cambiare paese.
O:
"Nella cabina elettorale Stalin non vi vede, Dio sì" quindi, ragionateci per un istante: chi rispetta di più il vostro diritto a votare liberamente e in segreto?! Dio è un gran furbastro.
Oppure:
Se vince ancora il centro-destra, vi avverto, prendo il forcone di mio nonno e vi infilzo tutti.
O ancora:
Non fate cazzate.
Ne avrei anche altri. Ma mi fermo qui.
Quindi andiamo a votare, perché è un nostro diritto e un nostro dovere, certo. Ma anche e soprattutto perché la nostra disastrata democrazia funziona solo se ce ne interessiamo. I soggetti siamo noi, è il nostro lavoro, la nostra "missione". E allora nonostante la neve e le piogge torrenziali facciamo uno sforzo, prendiamo la nostra bella tessera elettorale, la carta d'identità, ombrello e cappello e andiamo a votare.
Che poi è anche bello, è anche emozionante! Quella croce su un foglio è un gesto così carico di significati, di storia, di idee e di prospettive che a pensarci bene viene la tremarella. Si tratta di una responsabilità enorme, che determina la sorte del futuro del nostro Paese, determina la Storia, senza mezzi termini.
Buone elezioni.
E che siano buone davvero.
Anche io ne ho qualcuno.
Tipo:
Vi prego, vi supplico, votate bene. Altrimenti mi toccherà cambiare paese.
O:
"Nella cabina elettorale Stalin non vi vede, Dio sì" quindi, ragionateci per un istante: chi rispetta di più il vostro diritto a votare liberamente e in segreto?! Dio è un gran furbastro.
Oppure:
Se vince ancora il centro-destra, vi avverto, prendo il forcone di mio nonno e vi infilzo tutti.
O ancora:
Non fate cazzate.
Ne avrei anche altri. Ma mi fermo qui.
Quindi andiamo a votare, perché è un nostro diritto e un nostro dovere, certo. Ma anche e soprattutto perché la nostra disastrata democrazia funziona solo se ce ne interessiamo. I soggetti siamo noi, è il nostro lavoro, la nostra "missione". E allora nonostante la neve e le piogge torrenziali facciamo uno sforzo, prendiamo la nostra bella tessera elettorale, la carta d'identità, ombrello e cappello e andiamo a votare.
Che poi è anche bello, è anche emozionante! Quella croce su un foglio è un gesto così carico di significati, di storia, di idee e di prospettive che a pensarci bene viene la tremarella. Si tratta di una responsabilità enorme, che determina la sorte del futuro del nostro Paese, determina la Storia, senza mezzi termini.
Buone elezioni.
E che siano buone davvero.
lunedì 11 febbraio 2013
Dimesso un papa se ne fa un altro
Il papa si è dimesso, poffarbacco, il papa si è dimesso!
Così tutti ora finalmente possono sfruttare la loro conoscenza di Celestino V, "colui che per viltà fece il gran rifiuto", e dimostrare di aver seguito le lezioni di italiano alle superiori.
Ora aspetto con ansia il Conclave, la fumata bianca, tutte queste cerimonie solenni e misteriose, che fanno tantissimo "forze oscure in azione"!
Vorrei tanto che venisse eletto un papa nero. Oppure un papa comunista! O una papessa!
Il massimo sarebbe una papessa nera comunista.
Al di là di tutto, quello che sarà più difficile sopportare saranno le immancabili dimostrazioni di ipocrisia: il papa è stato criticato tantissimo in questi anni, quasi odiato in certi momenti. E ora tutti i giornalisti si affrettano a riciclare i coccodrilli, a eliminare i commenti sulla "morte che ha lasciato privi di una guida miliardi di fedeli" e a sostituirli con commossi riconoscimenti "del grande gesto di coraggio dettato dalle condizioni di salute e dall'età avanzata".
E comunque non deve essere facile essere papa. Come non deve essere facile, più in generale, essere nessuna di queste grandi personalità. Noi questo tendiamo a non considerarlo, tendiamo a dimenticarlo. Non ci poniamo troppe domande, giudichiamo in fretta, senza pensare. Condanniamo o beatifichiamo senza pensare alle ragioni e ai problemi che questi uomini devono affrontare.
Ma al di là di tutte le polemiche, di tutti i commenti necessari o superflui che siano, credo sia impossibile non essere presi da una certa emozione in queste situazioni. Anche se della Chiesa Cattolica non ce ne può fregar di meno, anche se non si è credenti, anche se abbiamo detestato questo papa per le sue uscite sugli omosessuali, sul demonio e sui preservativi.
L'emozione di rendersi conto di essere di fronte alla Storia, di essere NELLA Storia, di camminare a fianco di avvenimenti che un giorno saranno raccontati nei libri.
Così tutti ora finalmente possono sfruttare la loro conoscenza di Celestino V, "colui che per viltà fece il gran rifiuto", e dimostrare di aver seguito le lezioni di italiano alle superiori.
Ora aspetto con ansia il Conclave, la fumata bianca, tutte queste cerimonie solenni e misteriose, che fanno tantissimo "forze oscure in azione"!
Vorrei tanto che venisse eletto un papa nero. Oppure un papa comunista! O una papessa!
Il massimo sarebbe una papessa nera comunista.
Al di là di tutto, quello che sarà più difficile sopportare saranno le immancabili dimostrazioni di ipocrisia: il papa è stato criticato tantissimo in questi anni, quasi odiato in certi momenti. E ora tutti i giornalisti si affrettano a riciclare i coccodrilli, a eliminare i commenti sulla "morte che ha lasciato privi di una guida miliardi di fedeli" e a sostituirli con commossi riconoscimenti "del grande gesto di coraggio dettato dalle condizioni di salute e dall'età avanzata".
E comunque non deve essere facile essere papa. Come non deve essere facile, più in generale, essere nessuna di queste grandi personalità. Noi questo tendiamo a non considerarlo, tendiamo a dimenticarlo. Non ci poniamo troppe domande, giudichiamo in fretta, senza pensare. Condanniamo o beatifichiamo senza pensare alle ragioni e ai problemi che questi uomini devono affrontare.
Ma al di là di tutte le polemiche, di tutti i commenti necessari o superflui che siano, credo sia impossibile non essere presi da una certa emozione in queste situazioni. Anche se della Chiesa Cattolica non ce ne può fregar di meno, anche se non si è credenti, anche se abbiamo detestato questo papa per le sue uscite sugli omosessuali, sul demonio e sui preservativi.
L'emozione di rendersi conto di essere di fronte alla Storia, di essere NELLA Storia, di camminare a fianco di avvenimenti che un giorno saranno raccontati nei libri.
venerdì 8 febbraio 2013
VICTOR HUGO, Discorso d'apertura del Congresso di Pace, Parigi 21 agosto 1849
molti di voi vengono dai punti più lontani del globo, il
cuore pieno di un pensiero religioso
e santo. Fra di
voi vi sono pubblicisti, filosofi, ministri dei culti cristiani, eminenti scrittori, molti di questi uomini considerevoli, molti di questi uomini
pubblici e popolari che sono i lumi della loro nazione. (…)
Avete voluto datare da Parigi le dichiarazioni di questa
riunione di spiriti gravi e convinti che non
vogliono soltanto il bene di un popolo, ma che vogliono il bene di tutti i popoli. Venite qui ad
aggiungere un principio superiore ai principi che guidano
oggi gli uomini di stato, i governanti e i
legislatori. (…) Signori, questo pensiero religioso, ovvero
la Pace universale, tutte le nazioni fra di
loro vincolate da un comune legame, con il vangelo come
legge suprema, con la mediazione che
sostituisce la guerra; è praticabile un simile pensiero
religioso? È realizzabile tale santa
idea? Tanti animi positivi, come si dice oggi, molti vecchi politici rispondono
di No. Senza esitare, rispondo con voi: sì! E proprio ora cercherò di provarlo.
Vado più lontano; non dico solo: è un obiettivo realizzabile, dico: è
inevitabile; ne possiamo ritardare o affrettare la venuta, ecco tutto. Quando
affermate queste alte verità, è molto facile che la vostra affermazione venga
negata; è molto facile che la vostra fede venga accolta dall'incredulità; nell'ora dei nostri laceramenti, è molto facile che l'idea della pace universale sorprenda e scandalizzi, quasi fosse l'apparizione dell'impossibile e dell'ideale; è molto facile che si
gridi all'utopia. E per quanto mi riguarda, umile e oscuro manovale di questa
grande opera del XIX secolo, accetto questa resistenza degli spiriti senza sorprendermi,
né scoraggiarmi. E allora diciamo oggi – e io sono con voi – tutti
noi qui convenuti, diciamo alla Francia, all'Inghilterra, alla Prussia,
all'Austria, alla Spagna, all'Italia, alla Russia: verrà un giorno in cui le armi
vi cadranno dalle mani, persino a voi; verrà un giorno in cui la guerra vi sembrerà tanto assurda, tanto
impossibile fra Parigi e Londra, fra San Pietroburgo e Berlino, fra Vienna e
Torino, quanto non lo sia oggi fra Rouen e Amiens, fra Boston e
Filadelfia. Verrà un giorno in cui voi –
Francia, Russia, Italia, Inghilterra, Germania – tutte le nazioni del continente senza perdere le vostre qualità
distinte e la vostra gloriosa individualità, vi fonderete in modo stretto in
un'unità superiore, formerete in modo assoluto la fraternità europea così come
la Normandia, la Bretagna, la Borgogna, la Lorena e l'Alsazia – tutte le nostre
province – si sono unite nella Francia. Verrà un giorno in cui non vi saranno
campi di battaglia al di fuori dei mercati che si aprono al commercio e degli spiriti che si aprono alle idee. Verrà un giorno in cui le pallottole e le bombe saranno sostituite dai voti, dal suffragio universale dei popoli, dal
venerabile arbitrato di un grande senato sovrano che sarà per l'Europa ciò che
il Parlamento è per l'Inghilterra, ciò che la Dieta è per la Germania, ciò che
l'assemblea legislativa è per la Francia! Verrà un giorno nel quale l'uomo
vedrà questi due immensi insiemi, gli Stati Uniti d'America e gli Stati Uniti
d'Europa, posti l'uno di fronte all'altro,
tendersi la mano al di sopra dell'oceano, scambiare fra loro merci, prodotti, artisti, scienziati, dissodare il mondo, colonizzare i deserti,
perfezionare la Creazione sotto lo sguardo del Creatore e riunire, per il benessere comune, le due forze più grandi: la fraternità del genere umano e la potenza di Dio! Non ci vorranno quattrocento anni per vedere quel giorno poiché viviamo in un tempo rapido, viviamo dentro la corrente di
avvenimenti e idee più impetuosi che abbia mai coinvolto i popoli, e, nell'epoca in cui siamo, un anno dà talvolta il risultato di un secolo. Grazie alle
ferrovie, l’Europa presto non sarà più grande di ciò che era la Francia nel
Medioevo! Grazie alle navi a vapore, attraversiamo oggi l’oceano più facilmente
di quanto non si traversasse il Mediterraneo in passato! Tra poco, l’uomo
percorrerà la Terra come gli déi di Omero percorrevano il cielo, in tre passi.
Ancora qualche anno e il filo elettrico della concordia circonderà il globo e
abbraccerà il mondo. Quanto progresso! Quante semplificazioni! Come
la natura si lascia
domare sempre di
più dall'uomo! Come
la materia diventa
sempre più schiava dell'intelligenza e serva della
civilizzazione! Come le cause delle guerre si spengono con lo svanire delle
cause di sofferenza! Come i popoli
lontani si avvicinano! Come le distanze si accorciano! E il ravvicinamento è
l'inizio della fratellanza.
Signori, la pace dura da trentadue anni, e i trentadue anni la mostruosa somma di 128 miliardi di franchi è stata spesa per la guerra durante la pace! Supponete che i popoli d’Europa, piuttosto che sfidarsi gli uni gli altri, di ingelosirsi, di odiarsi, si fossero amati. Supponete che essi si fossero detti di essere uomini prima ancora di essere francesi, inglesi o tedeschi, e se le nazioni sono patrie, l’umanità è una famiglia. E ora, questa somma di 128 miliardi, così follemente e vanamente spesa per sfiducia, che venga spesa per la fiducia! Questi 128 miliardi dati alla guerra, dateli alla pace! (…) Questa cosa è degna di meditazione. Le nostre precauzioni contro la guerra hanno portato alle rivoluzioni. Si è fatto di tutto, si è speso tutto contro il pericolo immaginario. Così facendo si è aggravata la miseria che era il pericolo reale. Ci si è difesi contro un pericolo che non c’era. Si scorgevano le guerre che non venivano, ma non le rivoluzioni alle porte. (…)
Ormai l’obiettivo della vera e grande politica è il seguente: far riconoscere tutte le nazionalità, restaurare l’unità storica dei popoli e vincolare tale unità alla civilizzazione attraverso la pace, allargare incessantemente il gruppo civilizzato, dare il buon esempio ai paesi ancora barbari, sostituire gli arbitrati alle battaglie; e infine – ciò che tutto ricapitola – far pronunciare dalla giustizia l’ultima parola che nell'antico mondo veniva proferita dalla forza.
Signori, lo dico in conclusione, e che questo pensiero ci incoraggi, non è oggi che il genere umano è in marcia con questa vista provvidenziale. Nella nostra vecchia Europa, l’Inghilterra ha fatto il primo passo, e attraverso il suo esempio secolare ha detto ai popoli: Voi siete liberi. La Francia ha fatto il secondo passo, e ha detto ai popoli: Voi siete sovrani. Adesso facciamo il terzo passo, e tutti insieme, Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Italia, Europa, America, diciamo ai popoli: Voi siete fratelli!
Signori, la pace dura da trentadue anni, e i trentadue anni la mostruosa somma di 128 miliardi di franchi è stata spesa per la guerra durante la pace! Supponete che i popoli d’Europa, piuttosto che sfidarsi gli uni gli altri, di ingelosirsi, di odiarsi, si fossero amati. Supponete che essi si fossero detti di essere uomini prima ancora di essere francesi, inglesi o tedeschi, e se le nazioni sono patrie, l’umanità è una famiglia. E ora, questa somma di 128 miliardi, così follemente e vanamente spesa per sfiducia, che venga spesa per la fiducia! Questi 128 miliardi dati alla guerra, dateli alla pace! (…) Questa cosa è degna di meditazione. Le nostre precauzioni contro la guerra hanno portato alle rivoluzioni. Si è fatto di tutto, si è speso tutto contro il pericolo immaginario. Così facendo si è aggravata la miseria che era il pericolo reale. Ci si è difesi contro un pericolo che non c’era. Si scorgevano le guerre che non venivano, ma non le rivoluzioni alle porte. (…)
Ormai l’obiettivo della vera e grande politica è il seguente: far riconoscere tutte le nazionalità, restaurare l’unità storica dei popoli e vincolare tale unità alla civilizzazione attraverso la pace, allargare incessantemente il gruppo civilizzato, dare il buon esempio ai paesi ancora barbari, sostituire gli arbitrati alle battaglie; e infine – ciò che tutto ricapitola – far pronunciare dalla giustizia l’ultima parola che nell'antico mondo veniva proferita dalla forza.
Signori, lo dico in conclusione, e che questo pensiero ci incoraggi, non è oggi che il genere umano è in marcia con questa vista provvidenziale. Nella nostra vecchia Europa, l’Inghilterra ha fatto il primo passo, e attraverso il suo esempio secolare ha detto ai popoli: Voi siete liberi. La Francia ha fatto il secondo passo, e ha detto ai popoli: Voi siete sovrani. Adesso facciamo il terzo passo, e tutti insieme, Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Italia, Europa, America, diciamo ai popoli: Voi siete fratelli!
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