venerdì 22 febbraio 2013

VOTO.
Non è una parola bellissima?
Valorosa e tagliente, con la sua "v"!
Corta, ma forte, grazie alle due "o", così tonde e orgogliose.
E la "t" dà un grande senso di sicurezza, di stabilità.
Ma allo stesso tempo è anche veloce, mobile.
Può essere sia un sostantivo che un verbo.
Ed è bella da gridare, ma anche da sussurrare,
la su può usare come bandiera,
ma anche come una confessione,
silenziosa e potente.
La lingua italiana ha parole davvero interessanti.

Io voto

Bene, ormai ci siamo: ultimi appelli al voto da parte dei nostri politici, prima delle elezioni di domenica e lunedì.
Anche io ne ho qualcuno.
Tipo:

Vi prego, vi supplico, votate bene. Altrimenti mi toccherà cambiare paese.

O:

"Nella cabina elettorale Stalin non vi vede, Dio sì" quindi, ragionateci per un istante: chi rispetta di più il vostro diritto a votare liberamente e in segreto?! Dio è un gran furbastro.

Oppure:

Se vince ancora il centro-destra, vi avverto, prendo il forcone di mio nonno e vi infilzo tutti.

O ancora:

Non fate cazzate.

Ne avrei anche altri. Ma mi fermo qui.
Quindi andiamo a votare, perché è un nostro diritto e un nostro dovere, certo. Ma anche e soprattutto perché la nostra disastrata democrazia funziona solo se ce ne interessiamo. I soggetti siamo noi, è il nostro lavoro, la nostra "missione". E allora nonostante la neve e le piogge torrenziali facciamo uno sforzo, prendiamo la nostra bella tessera elettorale, la carta d'identità, ombrello e cappello e andiamo a votare.
Che poi è anche bello, è anche emozionante! Quella croce su un foglio è un gesto così carico di significati, di storia, di idee e di prospettive che a pensarci bene viene la tremarella. Si tratta di una responsabilità enorme, che determina la sorte del futuro del nostro Paese, determina la Storia, senza mezzi termini.

Buone elezioni.
E che siano buone davvero.