venerdì 8 febbraio 2013

VICTOR HUGO, Discorso d'apertura del Congresso di Pace, Parigi 21 agosto 1849


Signori,
molti di voi vengono dai punti più lontani del globo, il cuore pieno di un pensiero religioso
e santo. Fra di voi vi sono pubblicisti, filosofi, ministri dei culti cristiani, eminenti scrittori, molti di questi uomini considerevoli, molti di questi uomini pubblici e popolari che sono i lumi della loro nazione. (…)
Avete voluto datare da Parigi le dichiarazioni di questa riunione di spiriti gravi e convinti che non
vogliono soltanto il bene di un popolo, ma che vogliono il bene di tutti i popoli. Venite qui ad
aggiungere un principio superiore ai principi che guidano oggi gli uomini di stato, i governanti e i
legislatori. (…) Signori, questo pensiero religioso, ovvero la Pace universale, tutte le nazioni fra di
loro vincolate da un comune legame, con il vangelo come legge suprema, con la mediazione che
sostituisce la guerra; è praticabile un simile pensiero religioso?  È realizzabile tale santa idea? Tanti animi positivi, come si dice oggi, molti vecchi politici rispondono di No. Senza esitare, rispondo con voi: sì! E proprio ora cercherò di provarlo. Vado più lontano; non dico solo: è un obiettivo realizzabile, dico: è inevitabile; ne possiamo ritardare o affrettare la venuta, ecco tutto. Quando affermate queste alte verità, è molto facile che la vostra affermazione venga negata; è molto facile che la vostra fede venga  accolta  dall'incredulità; nell'ora dei nostri laceramenti, è molto facile che l'idea della pace universale sorprenda e scandalizzi, quasi fosse l'apparizione dell'impossibile e dell'ideale; è molto facile che si gridi all'utopia. E per quanto mi riguarda, umile e oscuro manovale di questa grande opera del XIX secolo, accetto questa resistenza degli spiriti senza sorprendermi, né scoraggiarmi. E allora diciamo oggi – e io sono con voi – tutti  noi qui convenuti, diciamo alla Francia, all'Inghilterra, alla Prussia, all'Austria, alla Spagna, all'Italia, alla Russia: verrà un giorno in cui le armi vi cadranno dalle mani, persino a voi; verrà un giorno in cui la guerra vi sembrerà tanto assurda, tanto impossibile fra Parigi e Londra, fra San Pietroburgo e Berlino, fra Vienna e Torino, quanto non lo sia oggi fra Rouen e Amiens, fra Boston e Filadelfia. Verrà un giorno in cui voi – Francia, Russia, Italia, Inghilterra, Germania – tutte le nazioni del continente senza perdere le vostre qualità distinte e la vostra gloriosa individualità, vi fonderete in modo stretto in un'unità superiore, formerete in modo assoluto la fraternità europea così come la Normandia, la Bretagna, la Borgogna, la Lorena e l'Alsazia – tutte le nostre province – si sono unite nella Francia. Verrà un giorno in cui non vi saranno campi di battaglia al di fuori dei mercati che si aprono al commercio e degli spiriti che si aprono alle idee. Verrà un giorno in cui le pallottole e le bombe saranno sostituite dai voti, dal suffragio universale dei popoli, dal venerabile arbitrato di un grande senato sovrano che sarà per l'Europa ciò che il Parlamento è per l'Inghilterra, ciò che la Dieta è per la Germania, ciò che l'assemblea legislativa è per la Francia! Verrà un giorno nel quale l'uomo vedrà questi due immensi insiemi, gli Stati Uniti d'America e gli Stati Uniti d'Europa, posti l'uno di fronte all'altro,  tendersi la mano al di sopra dell'oceano, scambiare fra loro merci, prodotti, artisti, scienziati, dissodare il mondo, colonizzare i deserti, perfezionare la Creazione sotto lo sguardo del Creatore e riunire, per il benessere comune, le due forze più grandi: la fraternità del genere umano e la potenza di Dio! Non ci vorranno quattrocento anni per vedere quel giorno poiché viviamo in un tempo rapido, viviamo dentro la corrente di avvenimenti e idee più impetuosi che abbia mai coinvolto i popoli, e, nell'epoca in cui siamo, un anno dà talvolta il risultato di un secolo. Grazie alle ferrovie, l’Europa presto non sarà più grande di ciò che era la Francia nel Medioevo! Grazie alle navi a vapore, attraversiamo oggi l’oceano più facilmente di quanto non si traversasse il Mediterraneo in passato! Tra poco, l’uomo percorrerà la Terra come gli déi di Omero percorrevano il cielo, in tre passi. Ancora qualche anno e il filo elettrico della concordia circonderà il globo e abbraccerà il mondo.  Quanto  progresso! Quante  semplificazioni!  Come  la  natura  si lascia  domare  sempre  di  più  dall'uomo!  Come  la  materia  diventa  sempre  più  schiava dell'intelligenza e serva della civilizzazione! Come le cause delle guerre si spengono con lo svanire delle cause di sofferenza! Come i  popoli lontani si avvicinano! Come le distanze si accorciano! E il ravvicinamento è l'inizio della fratellanza.

Signori, la pace dura da trentadue anni, e i trentadue anni la mostruosa somma di 128 miliardi di franchi è stata spesa per la guerra durante la pace! Supponete che i popoli d’Europa, piuttosto che sfidarsi gli uni gli altri, di ingelosirsi, di odiarsi, si fossero amati. Supponete che essi si fossero detti di essere uomini prima ancora di essere francesi, inglesi o tedeschi, e se le nazioni sono patrie, l’umanità è una famiglia. E ora, questa somma di 128 miliardi, così follemente e vanamente spesa per sfiducia, che venga spesa per la fiducia! Questi 128 miliardi dati alla guerra, dateli alla pace! (…) Questa cosa è degna di meditazione. Le nostre precauzioni contro la guerra hanno portato alle rivoluzioni. Si è fatto di tutto, si è speso tutto contro il pericolo immaginario. Così facendo si è aggravata la miseria che era il pericolo reale. Ci si è difesi contro un pericolo che non c’era. Si scorgevano le guerre che non venivano, ma non le rivoluzioni alle porte. (…)
Ormai l’obiettivo della vera e grande politica è il seguente: far riconoscere tutte le nazionalità, restaurare l’unità storica dei popoli e vincolare tale unità alla civilizzazione attraverso la pace, allargare incessantemente il gruppo civilizzato, dare il buon esempio ai paesi ancora barbari, sostituire gli arbitrati alle battaglie; e infine – ciò che tutto ricapitola – far pronunciare dalla giustizia l’ultima parola che nell'antico mondo veniva proferita dalla forza.

Signori, lo dico in conclusione, e che questo pensiero ci incoraggi, non è oggi che il genere umano è in marcia con questa vista provvidenziale. Nella nostra vecchia Europa, l’Inghilterra ha fatto il primo passo, e attraverso il suo esempio secolare ha detto ai popoli: Voi siete liberi. La Francia ha fatto il secondo passo, e ha detto ai popoli: Voi siete sovrani. Adesso facciamo il terzo passo, e tutti insieme, Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Italia, Europa, America, diciamo ai popoli: Voi siete fratelli!