mercoledì 15 agosto 2012

Gli occhi del vecchio

Seduto sulla seggiola, ingobbito,
torna ritto e fiero quando comincia il racconto.
I suoi occhi riprendono a vedere chiaramente,
non sono più offuscati dagli anni,
perché gli anni li annulla il ricordo.

Mi racconta di quella volta
quando lui e suo nonno,
di notte, nel monte
vennero sorpresi dal temporale.
Mi racconta del riparo,
due rami e una coperta,
e dei funghi che a migliaia
il mattino dopo erano spuntati.

Quasi si commuove nel ripensare
alla professoressa di italiano,
che tanto gli fece amare la poesia.
Come in suo onore si lancia
recita Leopardi, Dante,
la pioggia di D'Annunzio,
lo sguardo alto, la mano tesa,
non sbaglia un verso
per quella maestrina appassionata.

I baffi nascondono un mezzo sorriso
quando pensa agli scherzi, alle bravate;
da ragazzo e da uomo
lo hanno sempre accompagnato.
Strizza gli occhi, con aria complice
mi stringe un braccio,
mi indica le sigarette fumate di nascosto
il profumo dei mandarini,
mangiati per mascherare l'odore del fumo.
E mille altre risate gli tornano alla mente
e gli occhi gli si illuminano,
torna ragazzo e sembra pronto
a ripartire correndo,
fuori dalla casa, nel campo,
fra i meli e le viti.

Gli occhi ora sono lontani,
persi sui volti di personaggi
quasi mitici, bizzarri e magici,
buffoni e signori, folli e saggi,
morti da mezzo secolo, ma
così vivi nella sua memoria
che quasi anche a me
sembra di conoscerli,
di vederli accanto al fuoco,
vicini a una finestra,
su un camion carico di pali e di fieno.

A tratti sorride,
poi s'incupisce, interrompe
il racconto, scende il silenzio.
Rimane lui solo con i suoi occhi
persi nel passato di qualche ricordo lontano
o forse tesi in avanti, con un po' di paura
ma con la forza di chi ha visto,
con la sicurezza di chi ha vissuto.